giovedì 5 aprile 2018

Intervista a C.K. Harp e il ritorno di Dre Walker



Amici e amiche, oggi su Dreaming Land viene a farci compagnia un’autrice che questo blog ha conosciuto solo di recente e che dovrò recuperare per bene. Lo ammetto, con tutte le lacrime che mi ha fatto versare, è entrata di forza nella cerchia delle mie autrici italiane preferite. Ed è per questo che ho l’onore di presentarvi (ora stanno squillando le trombe, le sentite?) C.K. Harp!
Questa donna (sì, è una donna) è talmente brava a mantenere i segreti da aver sputtanato questa sua seconda identità in quanto, due secondi? Non ci sa proprio fare la cara Federica, l’agente della CIA non può essere il suo mestiere. E dato che sono una stronza, voglio sputtanarla un po' anche io. La foto qui accanto è stata presa da Amazon, guardate che serio esemplare di autore in incognito! 
È la prima volta che intervisto una persona con la quale ho parlato per più di cinque minuti, quindi non so proprio cosa scrivere in questa breve presentazione. Vorrei dirvi che Federica è una delle autrici più pazze che abbia mai avuto la fortuna di conoscere (è matta da legare, la adorereste) o che mi fa venire un colpo ogni volta che il suo magico ciuffo cambia colore o che è una mamma dolcissima e una persona di cuore. Magari potrei dirvi che trovo sempre molto strano associare dei libri tragici e strappacuore alla sua persona solare e divertente, o che è talmente brava da riuscire sempre a conquistare un pezzetto di anima. E invece non vi dico nulla, sto zitta e vi lascio leggere la nostra ciacchierata! 


-Col nome C.K. Harp hai pubblicato diversi romanzi M/M. Da dove nasce l’interesse verso le storie male to male? Trovi che per scrivere un romance uomo/uomo sia necessario avere una sorta di particolare preparazione o lo si può scrivere come generalmente si è abituati a scrivere un romance uomo/donna?
Sai che guardandomi indietro mi rendo conto di averne scritti più come C.K. che come Federica? In realtà l’amore per il genere è nato in maniera spontanea, ancor prima di leggerne già ne scrivevo. Se consideri che i primi due you feel vertono sulla tematica della bisessualità e della omosessualità, puoi trarne le conclusioni del caso. Detto questo, non credo ci sia bisogno di una preparazione specifica, quanto della necessaria attitudine. Ovvio che per poter essere realistici in un contesto erotico sia necessario quantomeno documentarsi su come questo avvenga tra persone dello stesso sesso, ma l’amore per me rimane amore. L’importante è non snaturare personaggi e caratteri. Odio quando un uomo viene descritto alla stregua di una donna, perché gay non significa effemminato. Esiste, come anche per le donne, il fattore caratteriale più o meno accentuato, ma di certo un serial killer innamorato non andrà a gettare le braccia al collo all’amante quando entrambi dichiareranno i propri sentimenti. Perlomeno un omicida che è stato descritto come spietato. Poi, oh, le eccezioni ci sono, ma di regola un uomo rimane tale.

-Sia “Sono solo un ricordo” che “Quando nessuno ascolta” sono romanzi molto forti dal punto di vista emotivo. Ti prendono dentro, a tratti sono strazianti, ma anche pieni di una sorta di amore per la vita che non si incontra spesso. Tratti temi che nel panorama LGBT sono purtroppo attualissimi: omofobia, violenza, pregiudizio e un’insicurezza che non permette di vivere come si vorrebbe. Nelle tue storie non c’è solo la classica storia d’amore, ma lo specchio di una società che non sembra ancora pronta a quella che tutti definiamo “diversità”. Credi che il sottogenere M/M potrebbe aiutare, nel suo piccolo, i ragazzi a fare coming out? E soprattutto, credi che potrebbe aiutare la società a capire finalmente che gay non è sinonimo di sbaglio?

Diciamo che qui si sfocia in argomenti ben più importanti e vasti, come: esiste la responsabilità dell’autore per ciò che scrive? Un romanzo può insegnare o trasmettere un messaggio universale?
Io non ho questa pretesa, non sono nessuno, cerco semplicemente nel mio piccolo di portare alla luce storie realistiche, che possono accadere ovunque e a chiunque. Certo, la speranza centrale, il fulcro del mio lavoro in questo senso, si basa sulla convinzione di riuscire a “illuminare” almeno una delle menti che leggono storie diverse da quelle che ancora oggi la società reputa “normali”. È un quesito complesso che richiede tantissime risposte, una diversa dall’altra. Poi, ehi, al di là dell’amore di solito nei miei romanzi ci scappa il morto, quindi magari se la vita reale dovesse risultare ben più positiva: epic win.

-Roger di Quando nessuno ascolta e Tyrone di Sono solo un ricordo sono due personaggi con diversi punti in comune, in particolare il burrascoso rapporto con il padre. Si dice spesso che a prendere nel modo peggiore l’omosessualità del figlio sia la mamma, perché nei tuoi libri è invece il papà?
Sarà che essendo mamma trovo impensabile ripudiare un figlio per qualsiasi motivo, anche il più abietto (ovvio, esistono dei casi limite) e di regola, osservando mio marito, trovo egualmente assurdo che un papà possa agire altrimenti, ma la vita e la quotidianità insegna che la realtà supera la fantasia. Sinceramente non ho mai riflettuto bene sulla diversità tra genitori in questo senso. In tutta onestà, i genitori (entrambi, se andiamo a vedere) di Tyrone e Roger erano stronzi, chi più chi meno. Non è soltanto la mano che colpisce, in questi casi, a rappresentare l’azione del carnefice, ma anche quella che si nasconde, quella che non blocca l’altra, le bocche che si cuciono e non parlano per paura. So cosa sia la paura in un rapporto, conosco molto bene le dinamiche che possono scatenarsi in una coppia, ma davanti alla crudeltà perpetrata in un figlio non c’è egoismo che tenga, terrore che possa arginare quel senso di protezione che scatta nei confronti di chi hai messo al mondo, quindi per me, madre e padre, sono egualmente colpevoli. 

-Da pochi giorni è uscito Collapse, il secondo romanzo della serie Enigma. Se ti dico Dre Walker, cosa mi rispondi?
Stronzo. Vanesio. Saccente. Fragile. Insicuro. Terrorizzato. Carico d’amore al pari di una bomba. Esteta. Introverso. Godereccio. Oddio, poi Dre Walker in realtà ha tantissimo del mio carattere… non so come mio marito abbia potuto sposarmi, ma so perfettamente perché Clancy ha capito di non poter più fare a meno di Dre. L’editor della Neverland Press racchiude in sé un mondo sconfinato di contraddizioni, è umano, è realistico, preda di milioni di dubbi difficilmente dissipabili, ma proprio per questo ancor più vero e sincero di tanti altri. Dre non è il tipo da entrare in scivolata al centro di un combattimento, ma puoi star sicura che le prenderà di santa ragione se a essere in pericolo ci sono le pochissime persone a cui tiene senza neanche saperlo. Ovvero, lo sa, ma ammetterlo con se stesso è ancora più dura.
Bel tipetto, Dre…

Per dare il benvenuto a Collapse, il secondo romanzo della serie Enigma che segna il ritorno di Dre Walker, il cioccolatino che ogni donna vorrebbe e che in realtà è già impegnato perché sì e non si discute, godiamoci gi addominali dell'editor gattaro più paranoico del mondo (no, non Federica, parlo di Dre!). 

-Ambientazione italiana vs ambientazione estera. I tuoi libri sono ambientati all’estero e a me piacciono tanto anche per questo, ma da lettrice quale tra le due ambientazioni preferisci?
Dipende dalle storie. Ho scritto romanzi ambientati qui a Roma, nei luoghi che mi hanno vista crescere, ma C.K. nasce per raccontare situazioni diverse. Ambienti differenti. Un thriller, un buon romantic suspense, molto deve al luogo cui è legato, e trovo più nelle mie corde muovermi in contesti stranieri, anche se questo significa ore e ore di studio, ricerca, sacrificio. Da lettrice? Basta che il libro sia scritto bene e risulti coerenti. Certo che se mi metti Chantal e Matthew al Trullo (Roma) storco la bocca.

-Un genere che da scrittrice pensi non scriverai mai? E uno che da lettrice proprio non riesce a conquistarti?
Il dark, in entrambi i casi, e la motivazione non è né moralistica né legata a una sorta di spocchia. Mi ci sento male, ho un trascorso che mi porta ad allontanarmi il più possibile da contesti e situazioni che possano rievocare brutti ricordi.

-Hai un rituale pre-scrittura? Quando ti viene l’idea per un romanzo, segui una sorta di schema o lasci semplicemente che la fantasia voli libera?
Non avrei il modo di farlo, la mia vita è un caos completo. Scrivo appena posso, ultimamente quando la mente non è troppo stanca. Ecco, forse l’unico rituale è attendere che la trama si definisca nei minimi dettagli nella mia testa: solo allora inizio a raccontare la storia che voglio, perché significa che è quella buona.

-Sei metodica o confusionaria? Quando ti viene l’ispirazione, usi qualsiasi cosa hai a portata di mano per prendere appunti o ti metti davanti al computer e compi la magia?
Non faccio nulla, ci credi? Se mi viene un’idea inizio a svilupparla in mente, lascio correre giorni e mesi, addirittura, rigirandomela sulla lingua come fosse una caramella da assaporare. Se metto giù idee, stai sicura che non scriverò mai niente. I miei romanzi partono dal prologo e vanno a finire all’ultimo capitolo, senza fasi intermedie, scene trascritte in fretta. Su questo sono molto fissata e ligia. Ordine, almeno lì.

-Stephen King dice di scrivere tre o quattro ore ogni giorno e a George Martin, quando l’ha saputo, per poco non veniva un coccolone. Infatti King sforna più di un panettiere e Martin è ancora disperso da qualche parte a Grande Inverno. Tu sei più King o più Martin? Ogni giorno ti ritagli un paio di ore per scrivere o lo fai in modo meno organizzato?
Decisamente King. Questa cosa, la loro intervista, l’avevo vista anche io e ho ridacchiato tantissimo per la soddisfazione di trovarmi in linea di pensiero col Re. Possono trascorrere anche due mesi, tra una stesura di romanzo e l’altra, ma quando inizio scrivo quasi ogni giorno, almeno un capitolo. Se non si tratta di romanzi, in ogni caso, si tratta di recensioni o raccontini, quindi in ogni caso non perdo mai l’allenamento. Perché lo è: allenare la mente come si farebbe con il corpo. E io, di movimento fisico, non ne faccio per niente: devo compensare da qualche parte!

-Facciamo un po’ di polemica insieme. Spesso si dice che in Italia ci sono ormai più scrittori che lettori, credi sia vero? E soprattutto, ritieni sia necessario per uno scrittore essere prima un grande e affamato lettore?
Sulla seconda ti rispondo subito di sì. Se non leggi, non cresci, e se non cresci: che scrivi a fare?
Per la seconda, invece, ho una mia idea. Vero che di pennivendoli ce ne sono molti, ma di scrittori? E in ogni caso le stime si basano sulle vendite di libri cartacei, non molto sul digitale, quasi per niente sui quotidiani, giornali di scienza, e zero totale sul fronte internet. Si legge, solo che non tutti si buttano sui romanzi.

-Tu pubblichi sia in self che con casa editrice, quali credi siano i pro e i contro di entrambe le realtà editoriali?
Ci sono potenzialità sensazionali in entrambi i casi. In self si ha la possibilità di credere nel proprio progetto, vederne i frutti, investire per raccogliere risultati più o meno soddisfacenti, toccare con mano un mestiere enorme che comporta un mare di sacrifici. Questo però comporta anche il rispetto verso il lettore, e non sempre è possibile riscontrarne in tutte le persone che decidono di mettersi in proprio.
Con la casa editrice magari si guadagnerà meno, si avrà meno potere decisionale (vedi cover, prezzo o promozioni varie) ma, se fortunati (e io lo sono, tanto) si entra in un contesto splendido, in una macchina ben avviata, in una famiglia di persone che combattono tutte per lo stesso scopo, al tuo fianco, con te e per te. E lì, anche se è vero che i soldi aiutano a pagare il mutuo, si scopre un mondo di cui tutti hanno bisogno: i rapporti umani, professionisti con i quali confrontarsi e crescere, la possibilità di non essere solo un numero sforna pagine, ma un’entità con un proprio essere. Che poi… ‘sti soldi… ma quanti pensi che se ne facciano? Sono pochissime le persone che in self riescono a tirare fuori uno stipendio sano.

-Tra i tuoi romanzi e i tuoi personaggi, quali sono quelli che in assoluto ti rappresentano di più o che ami in modo particolare?
Dre e Jaxon. Loro sono i miei amori che più amori non si può. (nb. Jaxon potrete trovarlo nella serie Davis&Green, Prima della fine è il primo romanzo).

-I due libri (scritti da altri) preferiti in assoluto.
IT (King), Coraline (Gaiman)

-Un autore italiano e un autore straniero che C.K. Harp ha nel cuore?
King (ma dai?!) che è geniale (perlomeno, lo è stato), e Nicoletta Costa, scrittrice per bambini da una vita, che con la sua Teodora mi ha insegnato a guardare il mondo con gli occhi scintillanti della fantasie e del divertimento per la vita.

-C.K. Harp e la sua folle creatrice hanno in serbo qualche sorpresa futura? Cosa bolle in pentola? Ma un horror quando ce lo scrivi?
In realtà io sono nata con l’horror (colpo di scena!). Ho in mente (e il primo episodio, in tutta onestà, è anche già scritto) una serie scifi horror. Non so quando riuscirò a pubblicarla, però, perché ci sono tantissime cose in mezzo. Ma un mistery per bambini uscirà a ottobre ;)

-Gli aspiranti scrittori hanno fatto toc-toc, hanno bisogno di una dritta. Hai qualche consiglio speciale per loro?
Leggete. Un sacco. Tutto. Anzi, se possibile, generi del tutto diversi e lontani da quelli amati. Non avete idee dell'ispirazione, degli spunti e della crescita che punti di vista diversi possano rappresentare per un autore. E in generale, sì.

-Cara C.K. ti ringraziamo per averci dedicato il tuo tempo, per me è sempre un vero piacere poter fare due chiacchiere con autori che stimo così tanto. Ti salutiamo con un grosso in bocca al lupo per Collapse e per i tuoi progetti futuri.
Grazie di cuore a te per avermi ospitata e a tutte le persone che hanno trovato un briciolo di tempo da dedicare alla lettura delle mie farneticazioni! Grazie davvero!

Domanda bonus che non era contemplata: Tu e Attila me la fate una crostata? (Il figlio non si chiama davvero Attila, Fede è matta solo fino a un certo punto)
Vorrei mettere agli atti che mi è stato chiesto di occultare questa domanda, ma io esigo che venga pubblicata per testimoniare quanto la padrona di casa sia golosa! Con Attila sarebbe sfruttamento del lavoro minorile, lo sai, vero? Però è pur vero che è davvero bravo… vediamo cosa possiamo fare!


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